L’arte del porcospino e delle donne che amano troppo  

Girovagando con l’arte e il porcospino per arrivare a Schopenhauer, al keep your distance e alle donne che amano troppo    

Siamo in primavera, stagione di amori, da aprile ad agosto è il periodo degli amori dei porcospini, durante i loro accoppiamenti notturni emettono dei fischi così risultano rumorosi quasi quanto i gatti in amore. Dopo circa 30-50 giorni nasceranno i piccoli da uno a nove esemplari, e vederli in fila indiana con la loro mamma in testa è: A thing of beauty is a joy for ever (J. Keats).

Porcospino, è sinonimo di istrice, spesso è chiamato così anche il riccio, che nell’imaginario tradizionale e simbolico si confondono tra loro.

Nella storia dell’arte questo grazioso animaletto è stato rappresentato sin dagli antichi egizi, poi nei mosaici romani, successivamente nei bestiari medievali, dove viene ripreso con i frutti infilzati sugli aculei: ciò deriva da Plinio il vecchio, che nella sua enciclopedia, Naturalis historia scrive che il porcospino per procurarsi il cibo per il letargo invernale, si chiude a palla, rotola sui frutti caduti a terra, questi si infilano negli aculei e poi zampettando se li porta nella sua tana. Il riccio è stato raffigurato in dipinti del XIV/XV secolo accanto ai Santi, come San Francesco, o nel XVI da Tintoretto nella “Creazione degli animali”, continuò a esserlo lungo i secoli nelle tavole scientifiche, nelle illustrazioni, nei dipinti, sino ai giorni nostri con Delia Portsmouth, una pittrice autodidatta inglese, nata a Mottram nella contea di Cheshire, che sa rendere tutta la grazia, il nascosto, direi pure il noumeno del riccio e del suo ambiente.

Guarda caso, la contea inglese di Cheshire, è un’area collinare con villette e giardini segreti dall’apparente stato selvaggio, che ci ricorda soprattutto le donne inglesi, la loro passione per l’ambiente naturale, gli animali, le marmellate fatte in casa, la cura per le piante, anche selvatiche, l’attaccamento alle cose buone e ordinarie della vita e via discorrendo, il tutto condito dall’umorismo… quel mondo inglese rappresentato molto bene da Natasha Solomons nel romanzo “Un perfetto gentiluomo” o nei libri di Rosamunde Pilcher, donne che sanno mantenere la giusta distanza. 

Il filosofo Schopenhauer, con i porcospini spiegò una sua teoria sui legami affettivi: col freddo si avvicinano per stare più caldi, ma entrambi sentono dolore per via degli aculei, così si allontanano, ma poi si riavvicinano, alla fine fra la scelta di avere freddo o di sentire dolore trovano la distanza giusta… quello che non riescono a fare le donne che amano troppo.  




L’ insostenibile leggerezza del dolce porcospino

La ricetta del dolce porcospino: simbologie e leggende.

Attraverso il cibo, in questo caso il dolce porcospino, si possono ritrovare gli archetipi in noi che ce lo fanno amare, aldilà della bontà e della pancia.

Il porcospino è un animaletto curioso, ha il naso tartufino mentre la vista è poco sviluppata, ha un andamento lento e un po’ goffo, esce di notte, dorme di giorno, è assai timido, quando sente un rumore si spaventa e si arrotola, si difende ma non attacca, non è un caso che si dica chiudersi a riccio.

Se ci pensate, questo è quello che fanno le persone timide e buone, noi donne in particolar modo, ad un’offesa non attacchiamo l’altro ma ci ripieghiamo su noi stesse, abbassando la testa e stringendo le spalle, poi andando a letto ci chiudiamo a uovo, come a proteggerci da sole.

La simbologia del riccio spiega questa nostra autoprotezione, come auto-generazione, ci richiudiamo cullandoci da noi stesse per poi ripartire.

Nella cultura celtica il porcospino era segno di fertilità e fecondità perché il suo ventre sfiora la Madre Terra, anche in Asia ha queste simbologie affiancate all’energia del Sole perché arrotolato ne mutua la forma.

In Oriente è simbolo di prosperità per via del suo raccogliere cibo per l’inverno, del suo essere oculato e risparmioso.

Nella simbologia europea e cristiana è inizialmente visto positivamente, più tardi in modo negativo, essendo una animale notturno, venne connesso con l’oscurità.

Secondo alcune superstizioni le streghe potevano mutarsi in un riccio e poi succhiare il latte alle mucche, è un qualcosa che si tramanda anche nel folklore della Romagna, un serpente chiamato béssa latôna che succhiava il latte delle mucche, mentre di notte, si avvicinava alle puerpere e si sostituiva al poppante.

Il bimbo così deperiva sino a morire lasciando la madre affranta, queste leggende si spiegano con la malnutrizione delle donne che avevano così latte scarso e povero, di nessuna sostanza per i loro figli, i quali già denutriti in fasce, morivano in tanti, si inventava così un nemico fittizio.

In Romagna, a Mercato Saraceno, in marzo vi è la Festa del Porcospino, dove si mangia il “riccio più buono” e il “riccio più bello”.

Eccovi la ricetta:

  • 250 burro
  • 100 zucchero a velo
  • 2 tuorli
  • 1 confezione savoiardi
  • 1 bustina pinoli o mandorle
  • 1 tazzina caffe
  • un po’ di liquore a scelta
  • cioccolato.

Sbattere bene il burro a temperatura ambiente con lo zucchero, aggiungere i rossi.

Bagnare i biscotti nel caffè con un po’ di liquore, farne uno strato su un piatto ovale, spalmare la crema di burro, procedendo a strati alterni e dando la forma bombata del riccio.

Alla fine ricoprirlo con i pinoli e creare muso e zampe col cioccolato o altro.   




La tavola di Pasqua, idee e consigli dalle esperte di interior decoration

Creatività, fantasia e preparazione per portare un tocco di stile in più alla tavola delle feste e all’arredo di casa.

di Alberto Piastrellini

La tavola delle feste, da sempre, è allo stesso tempo croce e delizia della padrona di casa. Se la tovaglia è il biglietto da visita, è l’apparecchiatura che fa la differenza e nella sobrietà od esuberanza della mise en place si misurano cadute e trionfi di stile nella battaglia per l’eleganza ove un pur piccolo passo falso conduce inesorabilmente dallo chic al kitsch.

Le complicazioni, poi, si moltiplicano quando si pensa (o non si pensa) organicamente all’apparato decorativo della casa in generale, allorquando la presenza di più temi, magari contrastanti tra loro, o la mancanza di un’idea generale provoca una sovrapposizione di elementi, di per se magari interessanti presi singolarmente, ma caotici e disarmonici nella somma.

Per orientare i profani nel mare magnum della decorazione d’interni, giacché lo stile si impara e non è mai troppo tardi, noi di Donna di Fiori siamo andati a consultare due giovani donne, sorelle, che hanno fatto della passione congiunta per l’home decoration una professione che ormai conta più di 25 anni di esperienza.

Catia e Maila Cesini ci hanno accolto all’interno del loro negozio Il ya, in Ancona, piacevole scrigno di idee creative per arredare la casa e la persona dove abbiamo potuto carpire qualche segreto di bottega per allestire al meglio la tavola di Pasqua.

Il ya nasce da un’idea di nostro padre – è Catia a rompere il ghiaccio – che aveva già avviata una propria impresa. Io, da geometra tirocinante presso uno studio di architettura specializzato in design di interni mi sono appassionata al decoro e in mia sorella ho trovato la partner ideale”.

Il negozio lo abbiamo aperto nei primi anni ’90 – aggiunge Maila – quasi in punta di piedi e in un quartiere periferico rispetto al centro della città, ma sin da subito sono state le clienti a spingere la crescita, sia con il passaparola, sia con il segnalarci questa o quell’azienda, questo o quel prodotto. Una dinamica che prosegue ancora oggi dal momento che chi è appassionato di decorazione di interni, osserva, studia, copia e ricerca continuamente nuovi stimoli per appagare la sua creatività”.

Intorno a noi, candele, diffusori di aromi, tessuti e tovagliati, vetri e cristalli, bicchieri, caraffe e oggetti per la tavola scenograficamente accostati ad allestire angoli e ambienti raffinati e riposanti che accendono la fantasia e il desiderio.

Quanto è seguita
dal pubblico – chiedo – la decorazione di interni in Italia oggi?C’è molta attenzione” risponde Catia è porta ad esempio il mutato approccio ad un oggetto familiare come l’albero di Natale.
Fino a trent’anni fa l’immagine dominante era standardizzata e sovraccarica di luci, colori ed intermittenze; oggi si tende ad inserirlo all’interno dell’arredamento, in dialogo con gli altri oggetti della casa alla ricerca di una risonanza armonica con il microcosmo domestico. L’albero di Natale diventa un vero e proprio oggetto di arredo che deve seguire lo stile della casa”.

Lo stesso dicasi per la decorazione della tavola – interviene Maila – un arredamento minimal vorrà elementi discreti e lineari, viceversa: un design più classico dell’interno potrà sposarsi con l’esuberanza di decori floreali che strizzano l’occhio al barocco…”.

L’evocazione casuale di uno stile genera le domande successive: qual è la tendenza dominante per il 2019, quali colori, quali oggetti?
Non ha dubbi Maila: “Il 2019 è già iniziato all’insegna del Boho chic che tende a riportare nell’arredamento e sulla tavola colore, pizzi e merletti e la preferenza per le fibre naturali.
In questo stile l’anticonformismo bohemien, giovanile ed esuberante si sposa alla ricerca di un’eleganza alternativa, non rumorosa ma neppure troppo seriosa. La tavola Boho chic ha una mise en place tutta naturale in termini di materiali, toni e colori che denota una sua personalità
”.

La tavola delle feste si veste quindi di lino prezioso, mentre il cotone è riservato alla mensa di tutti i giorni. Ma non solo: “Per Pasqua abbiamo proposto recentemente una mise en place tutta green: lino, sottopiatti e ciotoline in fibra naturale, piatti in fibra di bambù e resina naturale compostabili dopo 3.500 lavaggi. Anche per i bicchieri e le caraffe abbiamo una proposta rispettosa dell’ambiente e della salute: vetro borosilicato molto resistente agli sbalzi termini grazie al suo coefficiente di dilatazione molecolare e dalla forte resa estetica in termini di leggerezza, resistenza e lucentezza. Un ottimo sostituto del cristallo senza, però, la presenza del piombo”.

E ancora è la Natura il tema dominante della tavola di Pasqua, con tutti i richiami alla primavera suggerita nella decorazione dei tovaglioli e nella piega a fiore degli stessi; per la scelta dei colori lo stile Boho chic preferisce i colori decisi, mentre nei toni più chiari si possono utilizzare tutte le sfumature della terra, dal bianco al caffè.

A questo punto mi chiedo se la proposta di oggetti di decoro prodotti industrialmente non vada un po’ a discapito dell’hand made, della manualità, del crafting e la risposta di Maila è categorica quanto semplice: “Assolutamente no!”, perché, e non si stenta a capirlo, la creatività nell’home decoration si gioca su combinazioni infinite di elementi più o meno definiti “così come musiche ed armonie sempre diverse scaturiscono dalla combinazione di sole 7 note”.

In questo senso prodotti industriali di design possono avere infinite applicazioni a seconda dell’ambiente in cui sono inseriti, del dialogo con altri oggetti, fino all’utilizzo alternativo che stravolge e reinventa la funzione primaria dell’oggetto stesso. L’esempio più semplice è quello del bicchiere che diventa portacandele… è sempre la creatività personale a fare la differenza.

Ma non si tratta solo di questo, ok la creatività (e il web in questo è una fonte infinita di idee e stimoli), occorre anche un po’ di preparazione e di esperienza.

Teniamo e organizziamo corsi sin dal 1993 – spiega Catia – con tassi di presenza molto alti, spesso difficili da gestire. Addirittura, per qualche periodo abbiamo dovuto sospendere le iniziative perché le domande di accesso erano talmente numerose che gli esclusi superavano in numero i presenti generando un malcontento che poco si accordava al nostro spirito alimentando un sentiment negativo nei confronti delle iniziative stesse. Dopo qualche anno di stop, grazie ad una rete di impresa, abbiamo aperto un ulteriore punto vendita all’interno di una realtà più grande che ci consente di organizzare, grazie ad uno spazio di 800 m2, eventi tematici fino a 500 persone e devo dire che l’interesse su questi temi è andato sempre in crescendo”.

Per tornare alla nostra tavola di Pasqua, cerco di strappare qualche consiglio in più…
Già dei semplici tovaglioli di carta con stampa raffinata garantiscono un tocco diverso alla tavola delle feste – suggerisce Maila – ma non solo: la piegatura originale influisce molto sulla qualità estetica della mise en place, che comunque, quale che sia lo stile scelto, deve sempre accordarsi con il tema e con il menù”.

Si, perché – ed è Catia a parlare, questa volta – lo studio della decorazione di una tavola deve tener presente la scelta dei cibi che saranno proposti, ma anche la grandezza della tavola stessa ed il numero degli ospiti. Sono particolari semplici ma importanti se si vuole esaltare al massimo il lavoro creativo.

Prima di salutare Catia e Maila, chiedo loro cosa rappresenta la casa ricevendo in risposta quattro parole: sogno, bellezza, meraviglia, evoluzione e una ammonizione…
Quando siamo chiamate in casa per qualche suggerimento, un piccolo o un grande restyling – avverte Catia – ciò che dico sempre è che la casa deve rispecchiare la personalità del proprietario. Quello che possiamo suggerire, prima o poi dovrà fare i conti con le esigenze della persona che abita la casa, la quale, inevitabilmente evolverà di pari passo con i suoi abitanti”.