In questi giorni sono tornati alla ribalta i Menhir e i Dolmen anche grazie alla trasmissione del lunedì sera su una delle reti Mediaset.
Ma vediamo cosa sono questi monumenti e in cosa differiscono tra loro.
I Menhir sono dei megaliti monolitici eretti nel neolitico che potevano raggiungere anche più di 20 metri di altezza.
Questi monumenti possono essere eretti singolarmente o in gruppi e con dimensioni variabili, anche se la loro forma è generalmente squadrata e in alcuni casi si presenta assottigliata in cima.
Essi sono ampiamente presenti in Europa, Africa e Asia, ma sono più numerosi in Europa Occidentale, tipo Bretagna e nelle isole britannica.
Ma anche da noi in Italia sono presenti, principalmente nel territorio sardo dove prendono il nome di pedras fittas ossia pietre conficcate.
Nell’isola si contano circa 740 esemplari e possono essere lisci oppure aver scolpito il simbolo femminile della fecondità.
Ma i Menhir sono presenti anche in Puglia, Toscana e Liguria.
Il Dolmen invece è un tipo di tomba megalitica preistorica a camera singola che era in uso nel periodo che va dalla fine del V millennio a.C. alla fine del III millennio a.C.
E’ costituito da due o più piedritti verticali che sorreggono un architrave costituito da uno o più lastroni orizzontali.
In origine era ricoperto, protetto e sostenuto da un tumulo.
Attualmente si presentano come dei semplici tavoli a causa dell’elevato stato di degradazione e questo per lungo tempo li ha fatti considerare degli altari pagani.
Alcuni di essi presentano dei disegni realizzati con pigmenti di ossidi di ferro, idrossido di manganese e carbone.
La loro funzione era, come detto, quello di sepolture collettive riutilizzabili, il che spiega perché in alcuni di essi si sono trovati resti umani di molte centinaia di individui.
Principalmente si trovano in Irlanda, Galles e Spagna ma come per i Menhir ci sono degli esemplari anche in Italia.
Le pietre delle streghe
di Benedetta Giovannetti
Durante una camminata o in riva al mare vi è mai capitato di trovare un sasso bucato? Non sono pietre facili da trovare eppure e in riva ai laghi, sulle spiagge e lungo i torrenti ogni tanto se ne trova qualcuna ma cosa rappresentano? Allora se trovate qualcuna di queste pietre forate raccoglietela perché secondo le culture nordiche è un dono che la natura ha pensato per voi, si ritiene infatti che queste pietre siano una sorta di talismano naturale che protegge dalle malattie, dagli spiriti maligni e che porti fortuna e prosperità. Tale leggenda però non è una credenza di un popolo isolato ma è alla base di moltissime culture ed è di origine antichissima. Infatti non solo tale pietra si trova sotto forma di reperto in molti musei di storia naturale ma anche altri portafortuna come l’acchiappasogni dei nativi americani e alcune monete cinesi hanno la stessa conformazione. Questo prova che tutti i popoli avevano un culto per questo simbolo e che era venerato al pari degli dei. In Europa possiamo far risalire questa credenza ai celti. Le pietre forate in maniera naturale sono tali per effetti di acqua, aria o a volte degli animali, che scavano nella pietra fino a che non appare un foro che crea quella che oggi viene chiamata la pietra delle streghe. A queste pietre erano appunto riconosciuti poteri magici tipo capacità curative, protezioni da maledizione, dalle streghe e dalle malattie. Ancora oggi in Norvegia e Svezia queste pietre sono appese sulle culle dei neonati e sulle pareti dei letti degli ammalati perché si ritiene siano in grado di scongiurare gli incubi e conciliare il sonno. Ma la loro capacità più potente sarebbe quella di aprire le finestre attraverso le quali vedere il mondo degli spiriti invisibili. Secondo un’altra leggenda se si guarda attraverso il foro della pietra è possibile vedere le creature del Piccolo Popolo tipo fate, folletti, gnomi e di entrare in contatto con esse.
L’astronomia sbarca in Cattedrale: il solstizio d’estate fiorentino è magico
A Firenze torna lo spettacolo dello gnomone del Duomo che cattura il sole, grazie ad un mirabile incontro di architettura e astronomia
di Martina Stimilli
Il solstizio d’estate è il momento in cui il sole è allo zenith e raggiunge l’inclinazione massima, è anche simbolo di rinascita e purificazione, una giornata molto importante per gli appassionati di tradizioni, esoterismo e magia.
Metaforicamente il solstizio è la vittoria del bene sul male poiché è il giorno in cui il sole, quindi la luce, ha il predominio sulle tenebre: il 21 giugno, infatti, è la giornata con più ore di luce dell’anno e non è un caso, quindi, che sin dall’antichità molte culture abbiano celebrato il giorno del solstizio con rituali e cerimonie specifici.
Nell’antica Roma, ad esempio, la festa per il solstizio era dedicata al Dio bifronte Giano che aveva il compito di accompagnare il passaggio da una condizione astronomica all’altra. Dall’altra parte dell’Oceano, i Maya, avevano edificato ‘El Caracol’ un monumento che era una sorta di osservatorio per monitorare solstizi ed equinozi.
I Celti, invece, utilizzarono complessi megalitici (dei quali il cerchio di pietre di Stonehenge è il più famoso) per studiare i fenomeni astronomici del sole. Le pietre che lo compongono formano una sorta di calendario tanto che, durante il solstizio d’estate, un raggio di sole attraversa uno dei triliti illuminando l’altare centrale; questo fenomeno permetteva di monitorare l’avvicendarsi delle stagioni.
Nell’Italia del Rinascimento la scienza della misurazione del tempo e l’osservazione dei corpi celesti si veste di Arte e, in molte città possiamo ammirare bellissime Meridiane dipinte sulle facciate di palazzi antichi, così come raffinati strumenti di misurazione inseriti nell’architettura di Chiese e Castelli.
A Firenze, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, è possibile ammirare lo gnomone più grande al mondo. Lo gnomone entrò in funzione probabilmente nel 1475, secondo alcuni documenti ritrovati nell’archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Fu voluto da Paolo Dal PozzoToscanelli, definito dai contemporanei il “novello Tolomeo” per le sue grandi conoscenze in campo matematico.
Ma cos’è uno gnomone e quale spettacolo si andrà a produrre nella capitale del Rinascimento?
Uno strumento avanguardistico
Uno gnomone è una colonna, la cui ombra permette di misurare la posizione del Sole in cielo, lo scorrere delle ore e la durata dell’anno solare. Il termine gnomone, derivante dalla lingua greca, significa esattamente ‘indicatore’.
Nella Cattedrale di Firenze, al posto di una colonna, lo gnomone è costituito da un foro gnomico, realizzato su una tavoletta di bronzo, detta bronzina, avente un’apertura centrale di 4 centimetri di diametro e posta orizzontalmente all’interno della finestra meridionale del tamburo della Cupoladel Brunelleschi, a 90 metri di altezza dal pavimento.
Quello che più colpisce è che per secoli lo gnomone fu l’unico strumento utilizzato per misurare il tempo e i fenomeni astronomici.
Sole in trappola
Ogni anno, a giugno, la cattedrale di Firenze diventa protagonista di un piccolo prodigio architettonico, matematico e astronomico. I raggi del sole, quasi intrappolati nel foro gnomonico, scendono attraverso la Cupola del Brunelleschi per formare un’immagine del disco solare che si sovrappone con incredibile perfezione a quella presente nella pavimentazione del duomo. Due dischi si sovrappongono, coincidono, in uno splendido alternarsi di luci e ombre.
Un incontro speciale, magico a guardarlo bene, e non ultimo un evento. Arrivano in centinaia, tra cittadini e turisti per assistere ad uno spettacolo così singolare. La fascia oraria indicata per assistere allo spettacolo è quella compresa tra le 12 e le 13.
Più precisamente, il fenomeno sarà visibile al pubblico nei giorni 11, 14, 18 e 21 giugno 2019, dalle ore 12.30 alle 13.30, nella Cappella della Croce del Duomo, a sinistra dell’Altare Maggiore.
Può essere un suggerimento alternativo per programmare una gita a Firenze, una meta, peraltro sempre valida per la ricchezza delle proposte culturali che la città toscana offre. L’ingresso in Cattedrale sarà libero fino ad esaurimento posti.
Buon viaggio e buona estate!
Free Service Group srl ed Eleonora Giovannini al Salone del libro di Torino
La casa editrice Free Service Group srl e l’autrice anconetana Eleonora Giovannini saranno al Salone del Libro di Torino per rappresentare la regione Marche, ospite della Fiera internazionale.
di Anna Rita Felcini
Al 32° Salone Internazionale del libro di
Torino quest’anno parteciperà anche la casa editrice Free Service Groupsrl di
Falconara Marittima insieme alla scrittrice e poetessa anconetana Eleonora Giovannini.
Le Marche sono, infatti, la Regione ospitedella 32° edizione della fiera che si terrà presso il Lingotto dal 9 al 13 maggio
2019.
E proprio nello spazio della Regione Marche ci sarà anche Free Service Group srl (padiglione 1 Stand C44 – D43) per presentare i libri che stanno riscuotendo un grande successo a livello nazionale della scrittrice e poetessa marchigiana Eleonora Giovannini.
L’autrice incontrerà il pubblico per
presentare alcune tra le sue opere principali come “Io e Alda Merini”, il racconto autobiografico di un’amicizia
sincera, intensa, ma anche un viaggio itinerante che sa di poesia, arte e vita
vera; “Le donne e il dolore”, un saggio che si avvale della raccolta di storie vere
di donne vittime di abusi e di violenza psico-fisica; “Quel manicomio chiamato Facebook”, che rivela con ironia pungente ed arguta i lati più
divertenti del popolo di Facebook; “Dentro
l’amore”, scritto
sottoforma di diario per ripercorrere i ricordi che legano il rapporto tra una
madre e una figlia; e “Quelle come
noi” una raccolta poetica “…in vita e morte di un sentimento erotico nel
quale perdersi o ritrovarsi” (Neria De Giovanni).
Vi aspettiamo a Torino per parlare
insieme di poesia, cultura, società, arte e vita.