obesità

Camminare nel bosco per ritrovare salute e benessere

Arriva dal Giappone la pratica dello Shinrin-yoku o “bagno nella foresta” che ha effetti positivi sul corpo e sulla mente di Alberto Piastrellini Il rumore dei passi attutito dalla terra muscosa e dalle foglie secche riempie l’aria con un fruscìo delicato, mentre sotto le volte viventi del bosco l’atmosfera sembra sospesa e i rumori ovattati e dalla terra umida salgono umori che risvegliano ricordi… Ciascuno di noi ha fatto l’esperienza di una passeggiata in foresta, sulle Alpi o sugli Appennini: quel miscuglio di emozioni e sensazioni che vanno dal brivido primordiale di fronte all’ignoto, alla pace profonda che solo il contatto con gli ambienti naturali sa dare.Un cocktail di sentori ed impressioni capaci di turbare ed esaltare ogni carattere, persino il meno incline al trasporto emotivo e alla fascinazione della Natura, al punto che, ed è esperienza comune, il rapido ritorno alla realtà quotidiana fatta di continui suoni pervasivi a bassissima frequenza (una conseguenza del traffico e della tecnologia in cui siamo quotidianamente immersi sin dalla nascita), ci appare traumatico e fonte immediata di stress. Non è un caso che, senza averne nessuna contezza scientifica, già gli urbanisti dell’Ottocento in piena rivoluzione industriale si ingegnavano a ricavare spazi verdi molto alberati sulla falsariga dei ben più antichi Bois de Boulogne a Parigi o Hyde Park a Londra, da destinare alla pubblica fruizione per ritemprare gli abitanti delle città in espansione sempre più soffocate dai residui della combustione del carbone per usi industriali. E malgrado parecchia acqua si passata sotto i ponti, non è un caso che, tanto a Londra, quanto a New York, Nuova Delhi o Rio De Janeiro, il parco pubblico e i boschi urbani siano fra le mete più ambite ed agognate dagli abitanti nelle ore della giornata dedicate al relax. Sì perché passeggiare nel verde di un bosco dona pace, rilassamento, benessere e migliora decisamente la qualità della vita, anche se per poche ore.Ben lo sanno coloro […]
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Smartphone e rischio obesità: esiste una correlazione

Due recenti Studi accademici hanno evidenziato come l’utilizzo compulsivo e smodato degli smartphone induce a comportamenti che fanno aumentare il rischio del sovrappeso fino all’obesità. di Alberto Piastrellini Sedentaria, impigrita, rattrappita nella postura del collo, delle spalle, delle braccia e delle dita in perenne tensione verso smartphone e altri device portatili; l’umanità contemporanea ha ceduto alla tecnologia parte del suo sviluppo psicofisico con conseguenze molto negative nel breve e nel lungo periodo. Gli ultimi studi sugli effetti dell’uso compulsivo di smartphone non lasciano dubbi: non si rischia solo in termini di attenzione e concentrazione, ma anche in termini di peso corporeo e obesità. L’allarme arriva dall’America Latina, specificatamente dalla Facoltà di Scienze della Salute dell’Università Simón Bolívar di Barranquilla (Colombia), la cui Prof.sa. Miray Mantilla-Morrón, specialista in riabilitazione polmonare cardiaca e vascolare, ha redatto una ricerca specifica partendo dall’analisi di 1.060 studenti dell’ateneo colombiano. I risultati, presentati all’American College of Cardiology Latin America Conference 2019, dimostrano che nel target dei soggetti esaminati, quelli che hanno utilizzato il proprio smartphone per più di 5 ore al giorno, hanno raggiunto un rischio obesità superiore al 43% rispetto alla media. Non solo, in questi soggetti è stata riscontrata una maggior propensione all’assunzione inconsapevole di altre abitudini che pongono l’organismo più vulnerabile all’insorgenza di patologie cardiache. Il fatto è che l’utilizzo compulsivo e reiterato dello smartphone si coniuga ad uno stile di vita sedentario e, paradossalmente, maggiormente asociale (dal punto di vista fisico), il che, unito ad una alimentazione scorretta a base di junk-food così popolare nelle giovani generazioni, si traduce in minor attività fisica e accumulo di grassi pericolosi che determinano maggior probabilità di manifestazione di patologie quali, il diabete, le malattie cardiache, diversi tipi di cancro e problematiche a carico delle ossa e della muscolatura in generale. E i problemi aumentano soprattutto […]
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Allarme OMS: nei cibi per neonati ci sono troppi zuccheri

L’OMS Europea avverte: negli alimenti per lo svezzamento e nei cibi per neonati ci sono troppi zuccheri che mettono a rischio la loro salute. di Anna Rita Felcini Troppi zuccheri negli alimenti destinati ai bambini sotto i 6 mesi di età. È l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla luce di due nuovi studi secondo cui un’alta percentuale di alimenti per l’infanzia, sia dolci che salati, viene commercializzata erroneamente come adatta ai bambini di età inferiore a 6 mesi, mentre al contrario contiene livelli eccessivamente elevati di zucchero, che possono mettere a serio rischio la salute dei bambini stessi. Gli studi, in particolare, si concentrano sull’alimentazione dei neonati da 0 a 6 mesi e rivelano che circa un terzo degli alimenti verificati presenta oltre il 30% delle calorie totali degli zuccheri. Un dato allarmante che mette in serio pericolo la salute dei bambini, partendo dai primi dentini fino a sviluppare da adulti una preferenza per i cibi dolci, che può condurre a sovrappeso, malattie legate all’obesità come il diabete e altre non trasmissibili correlate all’alimentazione. Per valutare se i cibi presenti sul mercato sono appropriati per la dieta dei bambini tra i 6 e i 36 mesi, l’OMS ha sviluppato una bozza di modello di profilo nutritivo (NPM). Ha poi confrontato tale modello con le informazioni nutrizionali presenti sugli alimenti in vendita al dettaglio, sulle etichette, sugli imballaggi e sulla promozione in commercio, e infine l’ha presentato agli Stati Membri e alle parti interessate per esaminarlo e discuterlo. In totale, sono stati raccolti dati su quasi 8 mila prodotti, tra alimenti e bevande, commercializzati per neonati e bambini in 516 negozi di 4 città europee: Vienna, Sofia, Budapest e Haifa tra novembre 2017 e gennaio 2018. In tutte e 4 le città, una parte sostanziale dei prodotti compresa tra […]
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Svegliarsi presto fa bene alla salute

Uno studio scientifico rivela che le persone mattiniere sono più sane e felici. Avete problemi a svegliarvi presto? Provate con i nostri consigli. di Anna Rita Felcini Svegliarsi presto la mattina non deve essere visto come un obbligo fastidioso. Al contrario. Rappresenta un modo per mantenersi in salute più a lungo. I mattinieri, infatti, sono persone più felici e con meno rischi di soffrire di problemi psicologici. Lo ha rivelato recentemente uno studio genetico condotto dal professor Mike Weedon dell’Università di Exeter. I nottambuli, meglio conosciuti come “gufi”, devono lottare in continuazione contro il loro orologio biologico per adattarsi agli orari imposti dalla società (inizio del lavoro o della scuola alle 8 con sveglia impostata alle 6.30). E questo comporta un 10% di probabilità in più di sviluppare schizofrenia e depressione. Ovviamente non intendiamo dire che bisogna privarsi del giusto sonno, ma che è sbagliato, ad esempio, nel corso del fine settimana cambiare repentinamente abitudini e alzarsi molto tardi, con il rischio di non sentirsi al top per tutto il resto della giornata. Svegliarsi presto la mattina aiuta a sfruttare al massimo il nostro cervello. Sono proprio le prime ore del giorno quelle in cui le nostre funzioni intellettuali sono al top. Inoltre, la mattina si è più energici e si ha più voglia di affrontare i problemi giornalieri. L’importante è riposare almeno sette/otto ore per notte. Se non lo facciamo rischiamo di influire negativamente sulla capacità di giudizio e di apprendimento, sull’umore e, a lungo termine, anche di incorrere in seri problemi di salute come obesità, diabete e malattie cardiovascolari. Ecco allora per voi qualche consiglio pratico per imparare a svegliarsi presto. Un sonno coerente Andate a letto e svegliatevi alla stessa ora tutti i giorni, anche nei fine settimana. Provate la sera a spostare gradualmente i vostri orari […]
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Gentil sesso e dolci tentazioni

Alla scoperta di un cliché alimentare tra bisogno fisiologico, ricerca del benessere e attrazione fatale. Di Alberto Piastrellini “Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie” I versi che aprono e chiudono questa divertente poesia di Guido Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916) pur riferendosi ad un mondo scomparso di prurigini e pudori celati sotto velette e crinoline all’apice della Belle Epoque, illustra benissimo il rapporto quasi carnale che lega indissolubilmente l’universo femminile alla pasticceria, tanto quella consumata, quanto quella prodotta in casa. L’immagine della mamma che prepara una torta; della nonnina che sforna i biscotti; così come delle amiche che si ritrovano per un tè con annessa dovizia di golosità proprio perché luogo comune è divenuta iconica ed abusata anche oggi quando le occasioni, per molte, di mettersi in cucina è diventato un lusso (in termini di disponibilità di tempo), oppure un’ostentazione modaiola con annessa gara alla cerca del robot più performante. La stessa idea di festa e di abbondanza sottese alla produzione di un dolce fatto in casa, retaggio di un tempo in cui, per molti, la piramide alimentare si fermava alla base, è oggi abbondantemente superata dalla disponibilità illimitata di fonti di zuccheri semplici e complessi e dallo sperpero che, almeno in Occidente si fa di prodotti dolciari industriali e non. Eppure, c’è una complessa serie di ragioni per le quali femminilità e dolci vanno a braccetto. Cerchiamo di scoprirne qualcuna. La soglia di percezione del dolce è la più alta rispetto a quella degli altri gusti (amaro, aspro, salato, umami) e sembra che la sensibilità verso gli zuccheri in generale sia piuttosto antica in termini evoluzionistici, non è un caso che i neonati preferiscono soluzioni che presentano una concentrazione più alta di lattosio, lo zucchero già presente […]
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