I vari portafortuna Italiani

E mentre continuo a girare i vari continenti alla ricerca di altri portafortuna direi che è il momento di parlare dei nostri portafortuna.

Abbiamo già visto il corno napoletano ma quali sono i portafortuna usati dalle altre regioni? Vediamolo insieme

Partendo dalle isole è impossibile non menzionare la Sicilia con le sue maioliche, ceramiche dai colori ocra e azzurro dipinte a mano secondo l’antica tradizione dagli artigiani siciliani.

Se invece ci rechiamo in Sardegna è impossibile non tornare a casa con la classica fede sarda, di cui ho già parlato approfonditamente in un articolo sempre in questa sezione e che simboleggia l’amore consolidato e l’auspicio di una lunga vita insieme realizzata in filigrana e ricamato con tante piccole sfere che rappresentano anche la fertilità e la prosperità. Un tempo si tramandava di madre in figlia. 

Dalla parte delle Puglie il più noto portafortuna è senza dubbio la pietra leccese una pietra di origine calcarea di colore molto chiaro oggi usata per complementi di arredo e monili. 

In Lombardia assai famosa è la pipa di Cantù una tradizione che si tramanda di padre in figlio e che è resa particolare dalle varie tipologie di legno usate per intagliare queste bellissime pipe che sono dei veri e propri oggetti da collezione. 

E restando da quelle parti come non citare Venezia e i suoi vetri di Murano? Con i suoi vasi, monili e complementi di arredo sono sempre un regalo molto gradito e apprezzato. 

Ma non possono mancare neanche le terracotte Toscane, con le sue statuine dalle forme più svariate. 

E che dire delle maschere Calabresi? Spesso inquietanti ma simbolo di buon auspicio perfette sia all’interno che all’esterno della casa. 




Emanuela, la prima donna uccisa dalla mafia 

 Emanuela Sansone aveva 17 anni, morì uccisa per la “colpa” di avere una famiglia perbene 

Anna Nocera, Angela Talluto, Maria Marcella, Agata Azzolina. Poi, Teresa Bonocore, Anna Rosa Tarantino, Marielle Franco…

Sono solo alcune delle quasi duecento donne vittime della Mafia. Sono 132 quella di cui si conosce la storia, ma altre sono state uccise e riamangono sconosciute, alcune addirittura senza un nome e senza un parente che le abbia riconosciute. 

Vogliamo raccontarvi la storia della prima di queste donne ammazzate dalla violenza mafiosa. Da quella subcultura incentrata sulla clientela, sul soppruso, sul potere più meschino e sulla morte. 

Il suo nome era Emanuela Sansone e aveva 17 anni: il 27 dicembre 1896 la giovane viene assassinata all’interno di un laboratorio. 

“Al numero 20 di via Sanpaolo esiste un grande magazzino che serve da merceria, pasteria e bettola, tenuto da un certo Salvatore Sansone, di anni 38, che ha in moglie certa Giuseppina Di Sarno, di 40, con tre figli: Emanuela, Salvatore e Giuseppe (…) Emanuela Sansone, a tre-quattro passi dalla madre, scherzava allegramente con i suoi fratellini. Si udivano due forti detonazioni, quasi simultanee. Due fucilate erano state esplose dietro al muro che fiancheggia la strada dietro al magazzino. Con una fucilata veniva colpita al braccio e la fianco la Di Sarno e con la seconda la povera Emanuela alla tempia sinistra”. Queste erano le parole scritte su Il Giornale di Sicilia di allora; l’omicidio avviene a Palermo, la  motivazione fu che la madre di Emanuela avesse denunciato dei mafiosi che fabbricavano banconote false. La ragazza viene citata da più fonti come la prima vittima donna di Cosa Nostra, smentendo la falsa leggenda secondo cui la Mafia, per un qualche codice interno, non ammazzava donne e bambini. 

La storia della criminalità mafiosa però troppe volte ha visto cadere sotto i colpi delle armi ragazze e pargoli. 

Diverse fonti citano come prima donna vittima di violenza della Mafia Anna Nocera, anch’essa 17enne, scomparsa nel nulla dopo avre subito la seduzione di un ragazzo, rampollo di una pericolosa famiglia mafiosa: era il 1878. 

Una storia simbolo della crudeltà mafiosa risale al 16 ottobre 1996, quando, a Niscemi, due criminali irrompono in una gioielleria pretendendo di portare via due fedi nuziali, senza pagare. La reazione dei titolari, padre e figlio, porta all’ uccisione di questi ultimi  da parte dei criminali mafiosi. Agata Azzolina è madre e moglie delle vittime, è presente nel negozio ma è impotente di fronte alla ferocia omicida. Dopo aver subito un’altra aggressione mafiosa, alcuni mesi dopo, vinta dallo sconforto, Agata si toglierà la vita impiccandosi: è il 22 marzo 1997, lei aveva 43 anni. 

A 31 anni dalla morte di Falcone e Borsellino, è arrivata la “zampata” dello Stato contro la Mafia, rappresentata dall’arresto di Messina Denaro: ma ancora tanto c’è da fare per difendere le istituzioni dal potere criminale.    

Fabio Buffa




Triscele cos’è e cosa significa

La triscele era già diffusa sulle monete dei paesi orientali dell’antica Grecia, successivamente apparve per la prima volta anche in Sicilia su monete siracusane del III secolo avanti cristo. 

All’inizio la triscele come simbolo siciliano era rappresentata dalla testa della Gorgone i cui capelli erano serpenti dalle quali si irradiano tre gambe piegate all’altezza del ginocchio, un’altra versione della testa è quella di una donna forse una dea, a volte raffigurata con le ali per indicare il trascorrere del tempo, contornata da serpenti che stanno ad indicare la saggezza.

La triscele è stata poi adottata dal Parlamento Siciliano come parte integrante della bandiera Siciliana. 

In Europa è un simbolo presente in alcuni stemmi di varie dinastie tra cui gli Stuart d’Abany d’Inghilterra, i Rabensteiner  di Francia e i Drocomir di Polonia. 

Per quanto riguarda le varie tradizioni mistiche e religiose essa ha assunto vari significati tra cui la triplice manifestazione del dio unico ossia Forza, Saggezza e amore, oppure il passato il presente ed il futuro racchiusi in un unico cerchio chiamato Continuo Infinito Presente, oppure ancora le tre fasi solari della giornata, alba mezzogiorno e tramonto.